Gemini, paesino collocato in una zona pianeggiante del territorio a ridosso di una piccola altura “Le Serre”, rappresenta la frazione di Ugento formata da circa 2.000 abitanti dove il terreno, un tempo acquitrinoso e malarico, oggi completamente bonificato produce olio, buoni vini e colture di ogni genere, tipiche del Salento.
Gemini dal latino Gemelli: è probabilmente questa l’etimologia del nome della frazione di Ugento. La sua fondazione, infatti, s’intreccia con un’antica leggenda che racconta del dio Zeus, innamorato di Leda, regina di Sparta. Un giorno, mentre la donna riposava adagiata sulla sponda di un laghetto, il padre degli dei decise di trasformarsi in un cigno per poterla osservare da vicino. La donna era così bella che Zeus non riuscì a resisterle e si unì a lei. Dall’unione nacquero due gemelli: Castore e Polluce, i Dioscuri. Dei due solo Castore era mortale e venne ucciso durante un combattimento, così Polluce, per amore del fratello, chiese di essere mandato nel regno dei morti. Zeus, meravigliato da un affetto così grande, chiese a Polluce di rinunciare a metà della sua immortalità e stabilì che i due vivessero alternati, un giorno da vivi sull’Olimpo e un giorno da morti nell’Ade, regno dei defunti. I Dioscuri erano divinità benefiche, guida e salvezza dei marinai durante le bufere. I due figli di Zeus dovevano essere molto venerati a Gemini, probabilmente da questo culto deriva proprio il nome dell’odierna frazione di Ugento. Le tracce del passato romano di Gemini seguono un percorso che conduce per le stradine del centro abitato ma anche per le periferie e le campagne e portano per mano ad attraversare la storia di questo luogo, fino a giungere alla sua fondazione.
Un’altra ipotesi ci porta al centro di Sangemini a Terni, ad una cappella o ad una particolare devozione per i Santi Gemini, cioè per i Santi Medici Cosma e Damiano. Questa ipotesi non ha avuto nessun riscontro in tutti gli studi fatti in tal senso, l’unico riferimento ci viene dato dalla descrizione all’interno della cappella della Visitazione, all’epoca della sua costruzione a parrocchia; si parla – al riguardo – della presenza di un’altare dedicato ai santi Cosma e Damiano. Quest’ultimi godono di grande devozione ad Ugento, dove sono ricordati con festeggiamenti religiosi e civili e con la classica fiera degli animali.
Qualunque sia l’origine del nome, un fatto è certo: il territorio di Gemini è stato abitato sin da tempi remoti riconducibili all’età del ferro. Ce lo attestano alcuni monumenti megalitici di cui sono rimaste tracce ancora visibili e notizie certe nella memoria delle persone più anziane del paese. Ci riferiamo alle specchie, ai dolmen, ai menhir; questi ultimi, oggi restaurati e conosciuti con il nome di Menhir Croce e Menhir della Visitazione.
Sorta durante l’occupazione romana di Ugento come quartiere di una legione del centurione Pomponius, la cittadina di Gemini dista tre chilometri da Ugento. Per la vicinanza e per le comuni origini storiche, le vicende di questo paese seguirono le sorti di Ugento di cui oggi è frazione. Dal 1276 tutti i vescovi di Ugento assumono il titolo di baroni di Gemini e Pompignano e proprio per questa ragione nel 1517 Mons. Andrea Pastore inizia, nel centro del paese, la costruzione di un palazzo vescovile demolito alla fine del 1700. Difesa da una cinta murario in epoca bizantina, di cui oggi rimangono pochissimi resti, Gemini conserva le residenze barocche della famiglia Gigli e della famiglia Riso, costruite in pietra locale tra il 1600 e il 1680. Nel 1630 il vescovo Mons. Ludovico Ximenez, fece erigere al’ingresso del paese una stele in pietra sormontata da una croce in onore dei Santi diaconi Lorenzo e Vincenzo che vengono rappresentati durante il martirio del fuoco sulla graticola. Nella suggestiva piazza Regina Elena, si può ammirare la chiesa di San Francesco D’Assisi fatta costruire da Mons. Pietro Lazzaro Temer nel 1705; la chiesa crollò nel 1707 a causa della cattiva esecuzione dei lavori e venne rialzata nello stesso anno. Composta di un’unica navata, conta sei altari oltre a quello maggiore, tutti lavorati in pietra leccese e impreziositi da splendide tele settecentesche. Degna di nota la statua lignea della Madonna della Visitazione di scuola veneziana del 1600.
Gemini è stata la spalla forte di Ugento, la sorella minore che diventa potente nei momenti di difficoltà. Le mura di questo piccolo borgo hanno accolto il vescovo e gli ugentini che scappavano dalle devastazioni dei barbari e dei saraceni e per ringraziare di quest’ospitalità, il popolo superstite ha abbellito il centro con importanti palazzi e case gentilizie, che ancora oggi restano come testimonianza di questa unione fraterna.
Per le vie del paese
Da via Fontana, così denominata per la presenza di pozzi in passato, rappresenta la via più antica del paese, chiamata al tempo dei Messapi, via Salentina perché congiungeva città fiorenti in epoca preromana decadute successivamente (Manduria, Alezio, Vereto, Ugento), alcune definitivamente abbandonate.
La prima testimonianza del passato che incontriamo entrando a Gemini – precisamente in Largo Croce – è il Menhir Croce. Monumento megalitico che insieme al Menhir della Visitazione rappresentano una funzione ancora incerta. Per alcuni storici sono riferiti al Dio Sole; per altri segnano il confine di un territorio; per altri ancora segnano la presenza di acqua. L’epoca del Menhir non è conosciuta con precisione si sa soltanto che è stato utilizzato come Osanna (Sannà).
Continuando su via fontana incontriamo sulla sinistra la Masseria Santacroce. In tale masseria – individuata come fortificata – si possono scorgere al pianterreno i locali adibiti a stalle, con pile, mangiatoie e cisterne, oltre ad uno spazio per i “curti” e ad un’altro locale più recente per la fattura del formaggio. Il primo piano è raggiungibile mediante una scala esterna che conduce alla porta d’ingresso sovrastata da una caditoia.
Di proprietà privata è Palazzo Riso costruito nel 1738 come si legge sull’architrave della finestra posta più a sud, ormai non ha più nulla del corpo originario. Ha due piani ed è abbellito da tre balconi in stile barocco. Anche Palazzo Riso possiede un ampio scantinato che per il passato fungeva da stalla, successivamente trasformato in palmento. Al primo piano si accede mediante scala esterna.
Poco distante, sempre sul lato sinistro, incontriamo Palazzo Piccinno. Costruito agli inizi del nostro secolo, si sviluppa su due piani e la facciata è arricchita da quattro finte colonne rettangolari, ornate da motivi floreali. Alle spalle un ampio giardino alla cui estremità si può ammirare un bel coffee-house, dove ci si intratteneva con gli ospiti a prendere il tè o il caffè. Anche questo palazzo come molti altri si presenta a “curti”, nel senso che al suo ingresso presenta uno spazio scoperto circondato dalla costruzione dell’edificio tipica della civiltà contadina e propria del nostro Salento.
Proseguendo su via Fontana, Palazzo Piccino è seguito da un’altra costruzione a due piani fortemente rimaneggiata, con una “caditoia” posta su una porta finestra alzata rispetto al piano stradale. Sotto essa un frantoio oleario (frantoio ipogeo) con le macine in pietra visibili solo dall’esterno. In questo punto del paese dove si ricongiungono le diverse strade si dice che sotto il manto stradale esistevano ed erano collegati diversi frantoi ipogei adesso divisi e di proprietà privata. Infatti svoltando verso via Santissimo Rosario, sulla destra, ne esiste un’altro agevolmente visitabile.
Durante il percorso – oltre ai menzionati palazzi – possiamo incontrare altre masserie fortificate. L’Arciprevitura rappresenta una di esse, di proprietà della parrocchia di Gemini si sviluppa su due piani, la sua costruzione risale al 1700 ed è stata abitata da più nuclei familiari sino all’immediato dopoguerra. In stato di degrado ed abbandonata alle incurie del tempo sino a pochi anni orsono risulta attualmente visitabile grazie all’intraprendenza di un gruppo di volontariato che utilizza, tra l’altro, la struttura per la realizzazione di un bellissimo Presepe Vivente ed altre manifestazioni culturali.
Proseguendo verso piazza Cavalieri di Vittorio Veneto troviamo il Menhir della Visitazione, individuato come menhir di carparo giallo compatto, probabilmente estratto dalle circostanti formazioni astiane, tuttora escavate per costruzione.
Tornando indietro in via Santissimo Rosario troviamo la Chiesa da molti chiamata sconsacrata o maledetta, secondo le varie definizioni date dalla gente in quanto non esiste o esiste ben poco riguardo alla predetta struttura.
In realtà è una chiesa risalente al 1800 mai terminata, quindi senza tetto. Il suo interno presenta delle arcate sia a destra che a sinistra tipiche degli altari di una chiesa, grezze e invecchiate dagli anni; entrando, di fronte, troviamo la formazione per l’altare centrale. Di proprietà della chiesa, viene attualmente utilizzata da gruppi di volontariato per la realizzazione di manifestazioni culturali, può essere visitata.
Nella suggestiva piazza Regina Elena si può ammirare la Chiesa di San Francesco d’Assisi fatta costruire, all’interno del centro abitato, da Mons. Pietro Lazzaro Temer, che abitando nel palazzo vescovile di Gemini, si accorse che la Parrocchia di Santa Maria del Soccorso risultava scomoda e lontana per gli abitanti del paese. Iniziata nel marzo del 1706 ed ultimata nel novembre dello stesso anno, la chiesa crollò nel gennaio del 1707. La chiesa venne riedificata nello stesso posto con la fatica ed il sacrificio di tutti gli abitanti, quindi ultimata nel marzo 1708. Composta da un’unica navata, conta sei altari oltre a quello maggiore, tutti lavorati in pietra leccese ed impreziositi da splendide tele settecentesche. Degna di nota la statua lignea della Madonna della Visitazione di scuola veneziana del 1600.
In Piazza Regina Elena, fa mostra di sé Palazzo Macri’, già Gigli ed ora di proprietà della famiglia Romano. Riconducibile al XVI secolo e rimaneggiato in epoche diverse, resta solo il bel loggiato centrale con la balaustra in pietra locale. E’ stato segnalato come bene suscettibile di vincolo da parte della Sovrintendenza alle Belle Arti. Il palazzo si sviluppa anche al primo piano e insiste su un ampio scantinato. All’ingresso – sui due lati – due grandi cisterne per la conservazione dell’acqua per uso potabile ed altri scopi; al centro un pezzo di pavimento selciato che si sviluppa per tutto l’androne coperto, la volte è a botte con al centro un costolone spezzaspinta; a botte sono anche le volte delle diverse stanze, degli ampi saloni e dello scantinato.
Attraversato Gemini per tutta via Fontana, si giunge sulla strada Acquarica – Torre Mozza, lungo la quale si incontrano una serie di Casali e Masserie. Innanzitutto c’è il Casale di Pompignano, poi Masseria Cristo, Masseria Gianferrante e quindi Masseria Rotta Capozza. A circa 6 Km da Gemini sorge la località marina Torre Mozza: la torre, eretta nel 1565 e crollata appena ultimati i lavori, è stata successivamente riedificata. Nel corso dei secoli sono avvenuti crolli parziali della stessa. Per questo le è stato attribuito il nome di Torre Mozza. Era destinata all’avvistamento e per la difesa delle coste salentine contro le invasione dei Saraceni, durante la seconda guerra mondiale è stata usata dai soldati come postazione di mitragliamento.
FONTI (Documenti Annalisa Sgaramella, I Borghi d’Italia.com)